Molti di noi si stupiscono dell’immobilismo della politica e dei governanti.

Di fronte ad una situazione che immagina scenari apocalittici, i nostri governanti sono lì a riflettere, discutere, parlare. Di fatti concreti, nulla o molto poco.

Rifletto sul modo di agire di queste persone, rispetto al modo consueto di agire degli imprenditori e trovo solo una spiegazione soddisfacente: l’imprenditore, essendo abituato a combattere giorno per giorno, a confrontarsi con la concorrenza e il mercato, è obbligato giocoforza a sperimentare soluzioni che a volte non hanno un pieno sostegno teorico.

Ci si butta in una nuova impresa o in un cambio di strategia cercando di superare l’attuale situazione, o anche solo per migliorarla, seguendo un istinto, o la fede in un progetto.

Il politico invece, non essendo abituato a gestire in prima persona le attività, si deve basare sulla teoria, sull’approvazione matematica di ciò che vorrebbe fare, confrontandosi sino alla paranoia, valutando, modificando per poi magari innescare quel meccanismo di paure che sovente bloccano tutto.

La morale? si è quella. L’imprenditore per progredire è obbligato a compiere azioni a volte poco riflettute, ma spesso vincenti e risolutive. Il politico, no. Non risica e non rosica. Salvo mantenere intatto il suo decoroso stipendio a scapito dell’immobilismo che troppo spesso ci stordisce, assordandoci.
GP